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Sonda ad alta impedenza
Premessa
Da diversi anni a questa parte, l’analizzatore di spettro è diventato uno strumento sempre più presente nella dotazione di laboratorio dell’hobbista autocostruttore.
Solo qualche decennio fa, l’analizzatore di spettro rappresentava un sogno che neppure si sperava potesse diventare una realtà alla portata di tutti: ricordo con tenerezza quando nel lontano 1964 acquistai un fiammante Tester ICE 680 C, acquisto che per un imberbe studentello al 3° anno di superiori (ITIP “E.Fermi” di Modena) era la massima aspettativa possibile!
Oggi è il momento degli analizzatori di spettro: dopo la massiccia introduzione di strumentazione digitale, molta vecchia ma pur sempre valida strumentazione analogica viene venduta sul mercato del surplus, a prezzi decisamente accessibili.
Questo strumento presenta un’impedenza di ingresso normalizzata con l’impedenza del resto della strumentazione e delle connessioni RF (50 Ω); questo fa si che qualora si debba testare un circuito ad impedenza più alta, non sia possibile connettervi direttamente l’ingresso dell’analizzatore, pena un notevole sovraccarico dello stadio in esame: tipico il caso in cui si voglia valutare l’ampiezza ed il contenuto armonico di un oscillatore od il guadagno di un amplificatore RF che non dispongano di un’uscita a bassa impedenza.
In questi casi, frequentemente si adottano espedienti atti ad aumentare l’impedenza del sistema di misura, ad esempio interponendo una capacità di bassissimo valore oppure ricorrendo ad un accoppiamento induttivo lasco (link); in entrambi i casi però si ottiene solo una indicazione qualitativa e non quantitativa della lettura in quanto non è possibile determinare con esattezza l’ampiezza e la composizione spettrale del segnale poiché la lettura risulta falsata dal tipo di accoppiamento (capacitivo o induttivo)!
Per risolvere questo problema, occorre una sonda convertitrice di impedenza ed a guadagno unitario, una sonda cioè che presenti un’alta impedenza di ingresso (normalmente sull’ordine delle centinaia di KΩ parallelati da pochi picofarad) ed una impedenza di uscita del valore di 50 Ω: in questo modo il livello del segnale, rilevato ad alta impedenza, viene riprodotto inalterato a bassa impedenza (50 Ω) ed infine letto dall’analizzatore.
Poiché queste sonde sono difficili a reperirsi e, data la rarità, se disponibili vengono fatte pagare esageratamente, abbiamo deciso di tentarne la realizzazione e di presentarla a quanti fossero ne interessati.
Un po’ di storia
La scelta di una realizzazione con componentistica in SMD si è imposta dopo aver constatato i risultati ottenuti da un analogo circuito realizzato con componenti discreti: ovviamente con componenti SMD si ottiene maggior banda di risposta e maggior stabilità.
In un primo tempo, osservando lo schema di una sonda Tektronix, avevamo ipotizzato l’impiego di un FET all’ingresso, successivamente abbiamo scelto un Dual Gate Mos FET ottenendo risultati più che soddisfacenti.
In realtà la sonda Tektronix, grazie ad una circuitazione alquanto complessa, permetteva la risposta dalla corrente continua: ritenendo l’utilizzo della nostra sonda dedicato esclusivamente alla RF e non già all’utilizzo oscilloscopico, abbiamo notevolmente semplificato il lavoro.
Già montato a “ragno” il circuito presentava un guadagno unitario con risposta piatta fino a 400 MHz e con un calo di meno di 2dB ad oltre 500 MHz, ma passando ad un successivo montaggio in SMD, la risposta piatta (con una ondulazione di +/- 1dB) si estendeva a circa 1 GHz: questo risultato ci ha consolidato nella scelta definitiva.
Descrizione
Come si evince dallo schema elettrico, la sonda è costituita da un Dual Gate Mosfet in SMD Q1 (BF998) connesso ad amplificatore “a Drain comune”, il cui guadagno è inferiore all’unità poiché legato al valore di R1, R6 ed R7; detti valori di resistenza sono stati determinati per ottenere una impedenza di ingresso di 1 MΩ con in parallelo una capacità di circa 1 pF.
Il transistore Q2 (BFR92A) ha il solo scopo di abbassare l’impedenza del segnale al valore di circa 50 Ω ed adattarlo quindi all’ingresso di U1 (ERA5) che ha il compito di recuperare le perdite introdotte dai transistori e dal successivo attenuatore (R10, R11 ed R12); questo attenuatore si è reso necessario per linearizzare la risposta in frequenza della sonda ed adattarne l’uscita al cavo di connessione (50 Ω).
Lungo il cavetto schermato, oltre a circolare il segnale RF dalla sonda all’analizzatore, circola anche la CC di alimentazione alla sonda (+12Vcc): il disaccoppiamento tra i due segnali viene realizzato da L3 (100uH) e C9 (0.1uF) nella sonda, e da L4 (100uH). C11 (10uF) e C10 (0.1uF) nella scatoletta di connessione.
L’alimentazione è fornita alla scatoletta di connessione da un alimentatore esterno (può essere uno dei tanti alimentatori a parete di cui facilmente si dispone): l’assorbimento è decisamente ridotto (circa 60 mA).
L’impedenza di ingresso della sonda, come precedentemente detto, vale circa 1 MΩ con in parallelo 1,2 pF; in alta frequenza questa capacità, pur bassa, diventa determinante ai fini della impedenza stessa: basti rammentare che una capacità di 1,2 pF alla frequenza di 100 MHz presenta una reattanza di soli 1,5 KΩ!!!
Chiaro quindi che se noi poniamo la sonda in parallelo al circuito L.C. di uno stadio amplificatore o di un oscillatore, desintonizziamo lo stesso del valore determinato dalla capacità della sonda, ma se ad esempio poniamo la sonda all’uscita di uno stadio amplificatore a larga banda (R.C.), dobbiamo tener conto dell’impedenza della stessa, che viene determinata principalmente dalla capacità parassita (1,2 pF).
Realizzazione pratica
Le foto allegate forniscono con sufficiente dettaglio la realizzazione: la foto 1 evidenzia il c.s. (monofaccia di spessore 1,2 mm) con i componenti già montati, inserito nella boccola in ottone cui poter saldare con due punti la massa del circuito stampato; la boccola trattiene a pressione il tappo anteriore in teflon da cui fuoriesce il puntalino (anch’esso saldato allo stampato nella parte anteriore).
Lo schermo laterale della sonda è costituito da un tubo di alluminio del diametro esterno di 15 mm e dello spessore di 0,8 mm, della lunghezza di 65 mm; il collegamento elettrico tra la boccola di ottone e lo schermo in alluminio, è garantito, oltre dal contatto tra le stesse, anche da una delle due vitine che bloccano in sede anche i tappi (anteriore e posteriore).
Il tappo posteriore (Foto 2 e Foto 3), anch’esso forzato nella parte posteriore del tubo di alluminio, presenta un foro passante di 3 mm attraverso il quale fuoriesce il cavetto schermato in teflon che, saldato direttamente allo stampato, permette il collegamento con la scatoletta di alimentazione che verrà connessa direttamente all’analizzatore di spettro.
A solo titolo di esempio, a questo link del nostro archivio di questo sito, si forniscono i disegni relativi al C.S. ed alla pianta componenti SMD ; si forniscono inoltre i disegni meccanici relativi alla realizzazione (al tornio e fresa) dei tappi di chiusura e del contenitore che, nel nostro caso, è stato realizzato in alluminio.
La scatoletta metallica per la connessione all’analizzatore presenta dimensioni di circa cm 2,5 x 2,5 x 5,0 e presenta sulle facce contrapposte (2,5 x 2,5 cm) un connettore tipo N (per il collegamento all’analizzatore di spettro) ed un connettore di tipo BNC (per il collegamento alla sonda); sul lato da 2,5 x 5,0 cm trova posto il connettore per l’alimentazione del tutto.
All’interno di questo contenitore trova ubicazione lo stampatino (doppia faccia) con una linea a 50 Ω in modalità “strip-line”, l’induttanza di blocco L4 ed i condensatori di fuga C11 e di disaccoppiamento C10.
Taratura
Occorre disporre di un generatore RF ed un analizzatore di spettro, naturalmente entrambi calibrati: male non fa verificarlo con una connessione diretta; a questo punto si carica il generatore con un carico passante (50 Ω) direttamente inserito nel connettore di uscita, in modo da far corrispondere il livello impostato con il livello effettivamente presente ai capi del carico: a questo punto si connette la sonda ai capi del carico passante e, agendo su RV1, si fa in modo che un ugual livello di segnale venga visualizzato dall’analizzatore di spettro.
Naturalmente, nella connessione tra la sonda ad alta impedenza ed il carico da 50 Ω, bisogna ridurre al minimo l’induttanza del cavetto di massa (ad alte frequenze detta connessione è estremamente critica!): il problema può essere superato realizzando un raccordo metallico che si inserisca forzosamente sulla boccola di ottone e che, con il piolino della sonda, ricostituisca l’equivalente di un connettore BNC.
Conclusione
Vi auguriamo un buon lavoro e vi ricordiamo che per il reperimento dei componenti non dovreste incontrare problemi: noi solitamente ci forniamo presso Franco Rota, ma potete rivolgervi presso qualsiasi rivenditore ben fornito.
Come sempre, il progetto completo di tutti i dettagli, schemi e figure, trova spazio nell’area Progetti dell’Archivio della Sezione A.R.I. di Pordenone.