Progetto ideato e realizzato da:

 

wattmetro1Wattmetro RF

Premessa

Il wattmetro R.F. che andiamo a presentarvi, non ha nulla di eclatante rispetto ad altri già pubblicati in altre occasioni, su diverse riviste del settore: anzi, più di qualcuno si stupirà del fatto che lo strumento che indica la potenza sia di tipo analogico anziché digitale, soluzione questa ormai consueta in molte realizzazioni.

La scelta di uno strumento analogico in alternativa ad uno digitale non è motivata da mere considerazioni economiche (oggi uno strumento digitale costa molto meno di un discreto strumento analogico), bensì da considerazioni relativa all’impiego che di solito si fa di uno strumento del genere: è infatti noto, a chi deve ad esempio tarare uno stadio trasmettitore, quanto sia comodo disporre di uno strumento che dia immediatamente il senso di variazione della grandezza in gioco (in questo caso la potenza RF in esame) piuttosto che la precisione del valore della stessa!

Mentre uno strumento digitale richiede una lettura e successivamente una interpretazione del senso di variazione della stessa, lo strumento analogico permette una ben più rapida valutazione della variazione della grandezza in esame; oltretutto la linearizzazione dell’indicazione di potenza evidenziata dallo strumento, permette l’utilizzo di strumenti elettrodinamici con scale lineari, evitando così la necessità di realizzare una scala quadratica; è infatti noto che solitamente la potenza dissipata da un determinato carico viene rilevata come tensione ai capi dello stesso: la potenza però è legata alla tensione da un rapporto quadratico e non lineare.

Altra caratteristica: il carico del wattmetro è di tipo passante per cui si può disporre di una uscita attenuata della potenza in esame ( –30 dB) e connettervi direttamente un eventuale analizzatore di spettro per altre verifiche; particolare cura è stata inoltre spesa nella scelta dei componenti e nella definizione dello stampato, per far si che la risposta dello strumento si estenda fino ad oltre i 1.300 Mhz, limite questo non facilmente raggiungibile.

 

 

Descrizione

Come si può rilevare anche dalle foto allegate, la realizzazione si compone di due basette separate: il carico passante con il circuito di rivelazione, il circuito amplificatore-attenuatore e linearizzatore (comprendente anche il commutatore di portata) con relativo circuito alimentatore; naturalmente questa nostra è solo una proposta: chi volesse potrebbe unire le ultime due basette; vi raccomandiamo solo di realizzare il circuito attenuatore (prima basetta) rispettando la disposizione componenti e lo stampato, pena una diversa risposta in frequenza.

La potenza a RF da misurare viene applicata all’Input J6 ed esce attenuata di 30dB all’Output J7; la scelta di utilizzare una cascata di due attenuatori da 10 e 20dB è dettata dal semplice fatto che disponevamo di questi componenti: chi disponesse di un attenuatore da 30dB 100W può utilizzarlo tranquillamente avendo cura di realizzare una streep di uguali dimensioni (impedenza di 50 Ohm) tra l’uscita del singolo attenuatore e l’Output J7.

La serie dei diodi D1, D2 e D3, unitamente a C9, R22 e C1, realizzano il circuito rivelatore di picco del segnale RF mentre R24, R23 ed L1 realizzano l’equalizzazione della risposta in frequenza dello stesso rivelatore.

Il segnale in CC. corrispondente al valore di picco del segnale RF, viene presentato al partitore R1….R4 che, ad opera del triplo commutatore S1 S2 S3 stabilisce la portata dello strumento.

Non vi spaventino i valori del partitore! Essi sono dettati dal fatto che per ragioni di stabilità, li si è scelti a strato metallico e questi sono disponibili all’1%; se R1 fosse 8.2M, R2 2.2M, R3 820K ed R4 390K nulla cambierebbe in quanto la portata dipende sì dalla posizione del partitore di ingresso ma anche dalla posizione del cursore dei partitori RV2, RV3 ed RV4, di tipo “cermet” e quindi di elevata stabilità.

Al pari, tutte le resistenze contraddistinte da * sono da utilizzare preferibilmente all’1% e metalliche per questioni di stabilità.

Il segnale in CC viene presentato a U1 (TLC271) connesso ad amplificatore con recupero delle cadute dei diodi D1…D3 operata dai diodi D4…D6 che sono posizionati sulla basetta attenuatore per poter risentire della stessa temperatura alla quale sono sottoposti i rivelatori.

Il segnale continuo all’uscita di U1 viene “elaborato” da U2 (AD633) che restituisce in uscita (pin 7) una tensione proporzionale al quadrato del segnale presente in ingresso, linearizzando così il valore della potenza corrispondente; in tal modo, per la lettura della potenza RF può essere impiegato uno strumento con scala lineare e, scegliendo portate con rapporto 10:1, è sufficiente un’unica scala!

E’ doveroso far presente che, tanto il circuito relativo ad U1 (Rivelatore con recupero della caduta sui diodi) che quello relativo ad U2 (Moltiplicatore analogico) sono stati dedotti da altre pubblicazioni, quindi nulla di nuovo: noi semplicemente li abbiamo applicati in risposta alle nostre esigenze.

Chi volesse, potrebbe derivare un segnale all’uscita dell’integrato U2 (pin 7), opportunamente attenuato con un trimmer “cermet” per effettuare la lettura di potenza, con uno strumento digitale esterno od eventualmente inserito all’interno del nostro Wattmetro e realizzare così la possibilità della doppia lettura.

 

 

Operazioni di taratura

Per quanto riguarda le operazioni di taratura, del resto molto semplici, sostanzialmente si dividono in due operazioni successive: una prima di azzeramento ed una seconda più propriamente di taratura delle varie portate.

  • Azzeramento:

Accendere lo strumento ed attendere una decina di minuti per un assestamento termico dello stesso; posizionare il commutatore di portata per la più bassa (100mW): senza alcun segnale RF in ingresso (J6) agire su RV1 per il minimo segnale in J3 (rilevabile con un multimetro o con un oscilloscopio); successivamente portare il multimetro (o l’oscilloscopio) in J5 ed agire su RV5 per ottenere il minimo segnale: in questo modo si garantisce un’indicazione di “zero” in assenza di potenza RF in ingresso.

  • Taratura:

A questo punto occorre disporre di quattro livelli di potenza (0.1 – 1.0 – 10 – 100 WRF) con valore il più preciso possibile: va da sé che la precisione di lettura dello strumento dipende in buona misura dalla precisione della sorgente con cui è stato tarato, per cui occorre ingegnarsi per ottenere un buon risultato!

Avendo a disposizione un altro Wattmetro di precisione ed una sorgente di potenza adeguata (noi abbiamo utilizzato un PA pilotato da un generatore RF), si può procedere per paragone; diversamente occorre disporre di un voltmetro RF ad alta impedenza, da posizionare in parallelo al carico (J6), tenendo presente la corrispondenza tra valore di tensione letta (Veff.) e potenza dissipata sul carico da 50 ohm (W.RF) come sotto indicato:

0,71 Veff. – 0,10 W

2,35 Veff. – 1,00 W

7,10 Veff. – 10,0 W

23,5 Veff. – 100 W

Partendo prima con la portata 0,10 W f.s. si agisce su RV6 fino a realizzare il fondo scala; successivamente si agisce su RV2, RV3 ed RV4 per ottenere in successione i fondo scala delle portate 1,0 W 10,0 W e 100 W.

 

 

Conclusioni

Come sempre, il progetto completo di tutti i dettagli, schemi e figure, trova spazio nell’area Progetti dell’Archivio della Sezione A.R.I. di Pordenone.